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31-01-2024

Tra Folklore e Folklorismo

a cura di Maurizio Varriano

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La convinzione di usare le parole giuste in ogni e dove, si scontra con sinonimi e contrari, con modi di dire che della nobiltà ne fanno scolorita negatività. Nel caso di specie, l’attenzione volutamente ricade sulla parola che ci appartiene di più: folcloristico.


Premessa è d’obbligo e per questo che inizieremo questa nostra reprimenda che cercherà di chiarire alcune cose fondamentali che certamente non negoziano le misure dell’intesa, ma ne esaltano significato e compiacimento partecipativo. Il termine folklore designa sia un complesso generico di materiali della tradizione quali: miti, leggende popolari, racconti, proverbi, giochi trasmessi per via orale o scritta, sia lo studio di essi. William Thoms ne coniò il termine per poi fondare la rivista “Notes and queries” mettendo in risalto il neologismo meritevole di essere un autentico sostantivo. Per quanto ogni nazione abbia i propri termini, in Italia si continua a premiare il termine di “tradizione popolare”, folklore si è gradualmente imposto a livello internazionale con una variante che vede più in uso la lettera c anziché la k. Alcuni studiosi, tra cui diversi antropologi, hanno proposto di sostituire il termine folklore con l'espressione 'letteratura orale' o 'letteratura non scritta'. L'espressione 'letteratura orale' è un ossimoro: il concetto di letteratura si riferisce a testi scritti, e di conseguenza non può esistere una letteratura orale e questo scoraggia l’uso diverso dalla parola folklore che, avendo preceduto l'invenzione della scrittura, ha priorità rispetto alla stessa letteratura. Folklore diventa quindi parola di riferimento che consente di sedimentare la fusione tra due concetti che sono racchiusi in folk e lore. Il concetto di folk, decisamente complesso, nell’ accezione più comune era sinonimo di 'ceto contadino': il folk, in altre parole, veniva considerato un segmento specifico di una popolazione complessiva, distinto e differenziato dall'élite. Folk era quindi lo strato inferiore della società, il vulgus in populo, gli analfabeti in una società alfabetizzata, ossia quelli che non sapevano né leggere né scrivere in una società che conosceva la scrittura; folk era inoltre la popolazione rurale contrapposta a quella urbana. Da qui nasce la condizione di negatività che gergalmente ne fa eccezione e condizione mai più dirompentemente fuori luogo. Il XIX secolo fu il secolo della svolta. Lo studio del folklore assunse il rango di disciplina, soprattutto grazie ai fratelli Grimm che cominciarono la loro raccolta di fiabe popolari nella prima decade del secolo basandosi su testimonianze attinte dal mondo contadino. Il disprezzo divenne man mano una condizione di vita da cui trarne saggezza e quindi esaltarne gli effetti identitari. La conservazione dei valori presupposero l’identificazione di una sorta di conservazione della cultura. Il folklore si fuse con il contesto urbano e ne scaturì una gara per ricomporre lo strappo e garantire la pratica di giochi tradizionali, del canto di canzoni tradizionali.


Grazie alle nuove condizioni di vita di fatto nel mondo contemporaneo gli individui continuano, ora come prima, a utilizzare forme dialettali, a raccontare barzellette tradizionali o a praticare giochi tradizionali. La seconda componente del termine,”lore”, segnatamente valore aggiunto in quanto rappresenta la “sapienza”, che designa quella illimitatezzadi generi che costituiscono il corpus delle tradizioni popolari. L’importanza di ciò che proponiamo è data certamente dalla innumerevole raccolta di scritti e dalle condizioni di studio che mai come ora, servono alla conservazione di quelle radici che spesso e volentieri fanno la differenza nel partecipare alle guerre o conservare la pace nel mondo. Sempre più cultura e musei impongono sinergicamente la condizione vitale di una manifesta voglia di ritrovarsi, partecipare la voglia di spensieratezza, di tornare a sognare tempi ormai passati dal valore emozionale senza eguali. Il sentimento nazionalistico si è aperto a nuovi orizzonti, i racconti popolari, elaborati da diverse culture in modo indipendente e autonomo hanno contratto simbiosi e corresponsabilità di vedute e l’antropologia spesso ha dovuto capitolare sulla sui temi della sopravvivenza della cultura rurale-popolare studiata per comparazione di sole forme originali e l’errore di definire il folklore come un relitto o una sopravvivenza del passato va sempre più scemando consolidando forme e pratiche che nel tempo hanno trovato collocazioni e forme adeguatesi ai tempi. Lo studio ha assunto una forma internazionale e la ricerca dei principi generali, limitata alla raccolta del folklore confinato ha iniziato a corrispondersi in concetti e luoghi più ampi consentendo sempre più a studiosi e appassionati, la formulazione di principî generali applicabili al folklore di qualunque parte del mondo.

La maggior parte degli studiosi di folklore, tra cui gli antropologi interessati alla materia, non si preoccupa di individuare principî generali. L’adesione al relativismo culturale propugnato dagli antropologi, secondo il quale ogni singola cultura costituisce un'entità distinta, e in certo senso incomparabile, dotata di caratteristiche uniche si allinea al lavoro del ricercatore che lavora esclusivamente nel contesto di una singola cultura che deve necessariamente aprirsi a ipotesi transculturali. La crescente specializzazione fa sì che pochi antropologi o folkloristi moderni siano in grado di padroneggiare l'ingente quantità di materiale proveniente da tutte le parti del mondo.


Nello studio del folklore, così come nel campo dell'antropologia, si è affermata la tendenza a privilegiare un approccio storico e letterale ai dati nell’evidenza che il folklore, in quanto espressione della fantasia, contiene spesso riferimenti a eventi che non si verificano nella realtà di una determinata cultura. Gran parte del folklore, infatti, ha contenuti fantastici che ricordano quelli dei sogni. Le manipolazioni sono purtroppo all’ordine del giorno e, per evitare distorsioni che anche i moderni studiosi di folklore a volte, non riuscendo a resistere alla tentazione di 'migliorare' una tradizione orale trasformano così il folklore in fakelore, lo IOV, organismo mondiale fondato in Austria nel 1979 per preservare la cultura delle tradizioni in ogni sua forma, ha messo in campo studi e collaborazioni con Enti e altri organismi di diversa entità e condizione di opportunità. Mercoledì 20 e giovedì 21 marzo 2024, Campobasso e la sua splendida Università, ha ospitato la sedicesima edizione della conferenza scientifica internazionale della cultura popolare promossa proprio dalla Federazione Italiana Tradizioni Popolari e dalla IOV International Organization of Folk Art (membro UNESCO). Nella due giorni, dal titolo “Intangible Cultural Heritage on the move. Debates, processes, perspectives” coordinata dal Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione unitamente al Centro di Ricerca Risorse “Bio-Culturali e Sviluppo Locale” dell’Università del Molise, si sono potuti evidenziare i processi in atto e le prospettive di collaborazione e studio, considerando i molteplici contesti del patrimonio culturale immateriale oggetto di attenzione. I lavori, coordinati dalla professoressa Letizia Bindi, oltre che docente Unimol, membro della commissione scientifica Iov Europa nonché presidente della Commissione scientifica IOV Italia, hanno visto esporre chiarificazioni e implementazioni di studio da parte delle delegazioni scientifiche provenienti dalla Polonia. Presenti tra i relatori massimi esperti mondiali. Presenze importanti anche da parte dell’Italia che ha visto relazionare Leandro Ventura in qualità di Direttore dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale per la salvaguardia e la valorizzazione dei gruppi di tradizione, Pino Gala in rappresentanza della Federazione Italiana Tradizioni Popolari, Fulvia Caruso, presidente della Consulta Scientifica della Federazione Italiana Tradizioni Popolari. I saluti di indirizzo hanno visto avvicendarsi la professoressa Giuliana Fiorentino, direttrice del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione dell’Università del Molise, Gerardo Bonifati, presidente della Federazione Italiana Tradizioni Popolari, Fabrizio Cattaneo, segretario generale IOV World.


Il pensiero Junghiano si è spesso manifestato come la tendenza al misticismo, e al sostenere che gli archetipi sono fondamentalmente inconoscibili. La continua ricerca di individuare i principî filosofici specifici di una cultura incorporati nei testi folkloristici è fondamentale quanto il trovare forme di folklore diverse ma conseguenti e partecipative alla connessione. Finalmente il folklorismo, fenomeno di antica data inizia a interessare sempre più. Il folklore vero scaturisce da un processo di creazione e di trasmissione relativamente inconscio, il folklorismo diventa una consapevole manipolazione del materiale e contrae forza verso l’esterno conseguendo scopo divulgativo e semplicemente spettacolarizzato. Il fakelore e folklorismo non diventano così fenomeni transitori, ma elementi di crescente importanza nella società contemporanea. Non possono essere ignorati. Il folklore da un ramo dell'antropologia culturale costituisce una disciplina accademica autonoma e indipendente, che rientra in parte nell'ambito delle scienze sociali e in parte in quello degli studi umanistici. Diventa difficile se non impossibile immaginare la specie umana senza racconti, canti e sagre popolari. Garantire l'identità regionale, etnica e nazionale, è fondamentale e fondamenta della cultura umana. Pertanto, appropriarne il significato e non cancellare l’improprio, quale significato di pittoresco e superficiale, è sicuramente dispregiativo e va decisamente censurato. Il folklore non è causa di vergogna ma causa di una condizione che da esso trae la parte significativa. Traiamo la parte migliore e che sia o meno folclorismo e folklore, sia pace e sostanziale condizione culturale affine alla vita e non di certo alla morte. Da oggi tutti saremo più consapevoli di essere folcloristici. Pensare in grande e sorridere sul disprezzo senza cognizione del valore che si ha difronte, rende ognuno di noi migliore. Se cafone vuol significare “legati con la fune”, pratica anticamente diffusa per non perdersi nei luoghi affollati, folclorico fornisce il senso dell’attaccamento alla voglia di partecipazione collettiva alla ricercata felicità.

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