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31-10-2024

La storia dei costumi molisani come specchio di identità e tradizione

a cura di Antonio Scassera

Spesso, quando si parla di musei e di collezioni ci si sofferma principalmente sull’importanza dei manufatti non dando il giusto risalto alle storie che hanno dato origine alle raccolte e alle esposizioni. Dietro la Collezione Scasserra c’è la mia storia che si intreccia con la storia di una comunità e di un’intera Regione. Io sono nato in un piccolo paese di mille abitanti in provincia di Isernia, Roccamandolfi, e sin da piccolo sono stato cresciuto in un ambiente in cui i costumi tradizionali erano ancora in uso tra le donne più anziane. Una consuetudine secolare che si tramandava di madre in figlia. Negli anni Ottanta, solo nel mio quartiere vivevano dodici donne anziane che tutti i giorni indossavano il costume locale, una quarantina in tutto il paese, tra cui mia nonna paterna e la bisnonna materna. Dal modo in cui vestivano e dai colori dei loro indumenti capivo se erano zitelle, se erano sposate con i mariti ancora in vita oppure vedove, senza che nessuno me lo avesse mai spiegato. Si tratta di una eredità culturale che si trasmette geneticamente di generazione in generazione che, ad un certo punto, riaffiora nella memoria e garantisce la conoscenza di un linguaggio simbolico codificato. Ancora ho nelle narici l’odore delle candide camice inamidate e ancora sento sulle guance il calore dei corpetti di lana di queste donne vestite in costume, quando mi cullavano tra le loro braccia cantando antiche nenie in dialetto. Posso, quindi affermare a gran voce di essere nato e vissuto in mezzo ai costumi tradizionali e questo mi ha favorito tantissimo per quanto riguarda la trasmissione del patrimonio culturale di un’intera comunità, fatto di significati e nozioni ad essi legati che, diversamente non avrei trovato da nessuna parte. Io ritengo che l’abbigliamento consuetudinario può essere considerato a pieno titolo come il “libro aperto di un popolo”, le cui pagine non sono state mai scritte sulla carta, ma impresse in maniera indelebile nell’identità culturale delle genti.


Un patrimonio immateriale fatto di conoscenze ataviche di straordinaria importanza che fino a qualche decennio fa era ancora Ai miei primi doloretti di pancia o lievi mal di testa infantili, le mie nonne non scomodavano di certo il medico del paese ma chiamavano la dirimpettaia di casa, perché conoscevano già la diagnosi; sicuramente si trattava di malocchio. Prontamente zia Giulietta mi stendeva sul letto e slacciandosi il grembiule del suo costume mi “incantava il malocchio”. Si credeva che il grembiule indossato da una donna nata da parto gemellare avesse la facoltà di sciogliere il maleficio passandolo diverse volte intorno al corpo dell’ammalocchiato e zia Giulietta, di fatto, era gemella. Un esempio significativo per far capire come un capo di abbigliamento del costume tradizionale diventava così un elemento magico-terapeutico a disposizione di un’intera comunità, ancora fortemente legata a credenze e superstizioni. E non parliamo di medioevo ma degli anni Ottanta del secolo scorso… Nelle comunità molisane come quella di Roccamandolfi, i costumi tradizionali hanno rappresentato un mondo a parte in cui ogni singolo indumento e gioiello rivestiva un significato particolare e una simbologia precisa che trascendeva il puro senso abbigliativo e ornamentale. Ogni donna si identificava nel proprio costume diventando un tutt’uno con esso, portandoselo addirittura nella tomba per apparire belle agli occhi di Dio nel giorno del trapasso e vivere nell’atro mondo con il costume buono, ovvero quello del matrimonio Un bagaglio di conoscenze che mi sono state trasmesse oralmente e in maniera diretta e che, se non fossi nato in quel determinato contesto, difficilmente avrei trovato altrove. La collezione Scasserra, nel senso materiale, ha inizio nel 1992, quando avevo 12 anni e mia madre trovò per caso una foto bellissima foto antica su una pattumiera. Non ce la fece a lasciarla andare nella spazzatura e dopo averla raccolta la porto a casa. Nel vederla, per me fu come la folgorazione di Paolo sulla via di Damasco. Nella foto di fine Ottocento erano immortalate due donne con costumi molto diversi da quelli che vedevo quotidianamente indossati dalle persone anziane del mio paese. Cominciai così, foto alla mano a chiedere il perché di questa diversità di fogge e mi fu spiegato dalle donne più anziane del paese che i costumi ritratti nella fotografia erano molto antichi rispetto a quelli che indossavano loro; essi erano carichi di gioielli, pizzi, galloni d’oro perché di uso nuziale, mentre, quelli che portavano loro erano più moderni e disadorni perché di uso quotidiano. La cosa mi incuriosì ed affascinò tantissimo. Iniziai così, in maniera pionieristica a fare ricerca casa per casa nel mio paese, acquistando foto d’epoca, costumi, gioielli ma anche registrando testimonianze orali direttamente dalla viva voce delle anziane, ultime depositarie di un sapere ancestrale riguardante il modo di vestire di Roccamandolfi.


Nel giro di pochi anni ho acquistato talmente tanto materiale da poter organizzare, a soli diciotto anni, una mostra su “Il costume tradizionale di Roccamandolfi e la sua evoluzione tra 800 e 900”. Ormai la mia strada era segnata. Subito dopo il diploma di maturità mi sono iscritto all’università al corso di laurea in Beni culturali da cui sono uscito con una prima tesi di laurea sull’abbigliamento tradizionale e una tesi di laurea specialistica sull’oreficeria popolare usata sui costumi molisani. Durante le ricerche sul campo, il mio interesse si è ampliato partendo da Roccamandolfi per abbracciare i costumi tradizionali dell’area del Matese. Alcuni costumi e gioielli originali che fotografavo come oggetto di studio mi sono stati anche venduti dando vita cosi alla collezione di costumi molisani. Nell’arco di vent’anni la collezione ha raggiunto un numero di pezzi talmente significativo da porsi come una delle più grandi ed importanti d’Italia, sia per quantità che per la qualità dei manufatti, ma anche e soprattutto per la ricchezza di informazioni di cui è corredata. Ciò che rende particolare la collezione non è tanto la parte materiale che, senza il supporto scientifico di carattere antropologico, acquisito oralmente, ricoprirebbe soltanto un’importanza di natura storica, artistica e di antiquariato. Un tale tesoro del popolo molisano che non è passato indifferente alle istituzioni locali tant’è che la collezione è stata musealizzata nel dicembre del 2016, dando vita al Musec, ovvero il Museo dei costumi del Molise, di cui sono stato non solo il proprietario della collezione ma anche il direttore. Per questioni di natura politica il Musec ha avuto vita breve poiché è stato chiuso nel 2021 ma nel corso di soli cinque anni ha rappresentato la riscoperta delle radici culturali del Molise, ponendosi come un punto di riferimento nevralgico della cultura molisana. Per troppo tempo i costumi tradizionali sono stati associati unicamente al folklore, quali abiti di scena per fare spettacolo. Con il musec si è voluto cambiare rotta ridando dignità in veste antropologica ed etnografica all’abbigliamento popolare. Migliaia di visitatori attraverso la storia dei costumi tradizionali hanno conosciuto la storia sociale, politica, economica, religiosa e persino psicologica delle singole comunità molisane ancora fortemente ancorate al passato in cui permangono usi, credenze e superstizioni che affondano le radici nella notte dei tempi. Nel 2022, la collezione Scasserra ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero della Cultura come Bene Culturale di notevole interesse nazionale e si sta lavorando in sinergia con la Soprintendenza del Molise, l’ICPI di Roma, l’Università degli Studi del Molise e La Sapienza di Roma alla progettazione e alla realizzazione del nuovo museo dei costumi tradizionali molisani.

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