Intorno alla piazza il pubblico batte le mani e i piedi al suono delle fisarmoniche e dei tamburelli, c'è chi muove qualche passo di danza, chi grida «bravi, bravi!». Al centro, intorno a un falò, un gruppo di giovani in costume: le ragazze fanno ruotare le gonne con eleganza spigliata, i ragazzi aspettano di prenderle per mano nella geometria di un girotondo. Se non fosse per i cinquanta o sessanta telefoni che riprendono la scena o scattano foto a ripetizione – tempo due minuti e saranno su Instagram, Facebook, WhatsApp e social vari – potremmo essere a metà dell'800 o giù di lì. Ci si diverte un mondo! E c'è anche orgoglio, l'orgoglio di sapere che questo è un modo di preservare e di mantenere viva l'identità culturale. Oggi ce n'è sempre più bisogno, siamo in un mondo fin troppo ricco di stimoli, e i contenuti di qualità rischiano di perdersi. Il tempo passa ma la prima volta è impossibile dimenticarla. Anch’io non potrò mai farlo. Era il 1978, avevo undici anni...
Mio padre mi portò al Teatro Ariston, dove c'erano le prove di uno spettacolo, e mi presentò al direttore. Insieme a una bambina mia coetanea ci fecero cantare una canzone. Per me è stato un colpo di fulmine, in quel momento è nato il mio amore – non trovo altra parola per definirlo – verso le tradizioni e le culture popolari, quelle che il grande antropologo Alberto Cirese definiva culture subalterne. Vorrei far notare che il plurale non è un caso: il folklore è un fenomeno incredibilmente ricco e sfaccettato, e nonostante le somiglianze e le analogie fra una tradizione e l'altra si può dire che ogni località, ogni singolo paese o paesino ha la sua storia e le sue peculiarità. Il tempo passa e per fortuna oggi, nonostante si pensi che tutto sia passato e obsoleto, le giovani generazioni per fortuna anche avendo a disposizione molte altre forme di divertimento, il folklore diventa un motivo di interesse perché è un modo di esprimersi, di mettersi in gioco, di mettersi alla prova. Quindi torna necessario, onde permettere un più sentito approccio e una necessaria costanza partecipativa, accompagnare questo passaggio alzando il livello, e far comprendere che un'esibizione folkloristica non è semplicemente uno spettacolo ma una vera e propria trasmissione e diffusione di cultura. Ci vogliono attenzione, studio, ricerca, impegno. Si tratta di un lavoro non solo personale ma collettivo, una scuola di vita per il singolo e per il gruppo. Diventa tutto una splendida occasione di socialità e di confronto in senso intergenerazionale e internazionale. Anni fa si parlava spesso di "villaggio globale", una realtà in cui si assisteva all'omologazione, ora invece siamo alla glocalizzazione, alla rinascita delle specificità culturali: grazie a Internet e ai social basta un attimo perché l'esperienza locale si proietti sulla scena planetaria. È proprio questo il meccanismo che ha reso famose in tutto il mondo manifestazioni come la Notte della Taranta, che ormai attira centinaia di migliaia di persone. I giovani sono moltissimi, arrivano da tutta Italia e anche dall'estero e molti si portano uno strumento, suonano o cantano o ballano con gli artisti...
Questo ci dice che il folklore ha un'enorme capacità di stimolare la partecipazione e la condivisione, dunque è un veicolo di crescita umana, sociale e culturale per tutti, e a cui tutti possono accedere. E poi è un grande momento di gioia. Le tradizioni popolari diventano anche uno dei contenuti in primo piano nella promozione turistica. Non occorre sottacere tutto ciò. Il turista che assiste a un'esibizione folkloristica va invitato ad apprezzare non soltanto lo spettacolo in sé ma il suo valore identitario. Sono convinto che questo i turisti lo sappiano bene, anzi sono certo che una gran parte dell'interesse verso le manifestazioni del folklore sia proprio la ricerca di autenticità, di genuinità, un po' come succede per i prodotti tipici, che del resto sono un'altra delle espressioni della tradizione. Prendendo a spunto il sottotitolo di una rivista importante qual è “Itinerari e Luoghi, rivista di turismo consapevole”, il folklore aiuta a vivere proprio una scoperta dei luoghi e del loro valore. In questo va sollecitato anche il sostegno da parte delle istituzioni e di tutti quegli enti e organismi pubblici che operano nella promozione turistica. L'Italia è un eccezionale serbatoio di cultura anche dal punto di vista dei patrimoni immateriali, e questa è una delle nuove frontiere per far crescere un turismo non casuale, che sappia tessere legami, rivitalizzare le economie locali e, in ultima analisi, favorire uno sviluppo sostenibile che nella tradizione può costruire il suo futuro. Se tutti ci ponessimo al cospetto della Vita, non avremmo da morire di guerre e di antagonismo.